SMART WORKING FASE DUE – Le prime indicazioni, indicano che al centro della strategia del “team” guidato da Vittorio Colao ci sarebbe l’idea di puntare sullo smart working, che diventerebbe il perno di questa fase successiva, rendendolo addirittura obbligatorio per alcune aziende.

Quasi sconosciuto fino a pochi mesi, sembra proprio che lo smart working diventerà “l’arma segreta” nella guerra ancora lunga contro il virus.  In assenza di un vaccino che non sarà disponibile a stretto giro –  l’obiettivo è limitare il numero di persone sul posto di lavoro, per evitare il possibile gli assembramenti visto che gli esperti hanno già avvisato sul fatto che ad un allentamento delle restrizioni corrisponderà inevitabilmente un aumento dei casi.

Proprio in quest’ottica, alle grandi aziende – quelle per capirci dove ogni giorno transita un numero cospicuo di dipendenti – potrebbe essere imposto l’obbligo di dotarsi, ovviamente quando possibile e nel rispetto delle mansioni di lavoro, dello smart working. Ancora da stabilire il numero massimo di dipendenti ammessi per sede che andrà di pari pari con la grandezza degli spazi.  Al di sotto della soglia che sarà stabilita, lo smart working resterebbe facoltativo con l’azienda chiamata a gestire l’organizzazione del lavoro, ovviamente nel rispetto della salute dei lavoratori, quindi garantendo distacco tra le postazioni e presenze “scaglionate”, anche spalmate su diversi giorni della settimana.

INFORMATICAMENTE riprendendo uno slogan di qualche anno fa ripropone i punti fondamentali analizzati allora e attualissimi oggi per rispondere alle problematiche create dalla situazione COVID-19.

Purtroppo ancora una volta questa tragica situazione socio-economica colpirà in modo di forte i settori delle Micro Imprese e delle PMI. Ci sarà la necessità, terminata la fase più grave di questa emergenza, di capire come riorganizzare le attività aziendali, come mettere in sicurezza la gestione aziendale per il futuro, quali strumenti poter adottare per cercare di superare le eventuali restrizioni o vincoli, ecc..

La nostra azienda sta elaborando soluzioni nuove per permettere proprio ai settori più critici, di poter adottare strumenti e soluzioni, flessibili ed economiche per la fase della ripartenza. Dal’ introduzione di portali web che aiutino le aziende a de localizzare rapidamente la commercializzazione dei loro prodotti, alle piattaforme multimediali per la gestione delle attività lavorative in modo assolutamente mobile e dinamico, sino all’ introduzione di nuovi sistemi gestionali orientati alla condivisione delle informazioni in tempo reale dentro e fuori dalle aziende.

COVID-19 #Resilienza Attiva

INFORMATICAMENTE nel rispetto delle vigenti normative, sta cercando di supportare tutti i clienti che stanno lavorando per gestire tutti i servizi necessari al nostro paese, con le sue strutture di assistenza remotizzata e di tele-assistenza a distanza.

Nell’ ambito delle iniziative che la nostra realtà informatica può contribuire a fornire come supporto all’ emergenze causate dalle necessarie restrizioni, ci siamo attivati per informare tramite i nostri portali internet della possibilità di attivare soluzioni di TELE LAVORO o STREAMING a distanza per tutte le aziende che ne abbiamo una necessità.

Per cercare di supportare nella maniera più solidale possibile le eventuali richieste da parte delle aziende, Informaticamente metterà a disposizione queste soluzioni GRATUITAMENTE SINO ALLA FINE DEL 2020.

Anche la fattura diventa elettronica. Tutte le novità al seminario Confartigianato

 Moltissime aziende  da giugno scorso devono inviare fatture elettroniche verso la Pubblica Amministrazione. La normativa ha preso il via dal 6 giugno 2014 con gli enti ministeriali, interessa quindi piccole aziende del territorio che anche solo saltuariamente fatturano all’Arsenale Militare, all’ex Provveditorato, Prefettura, Polizia di Stato, Tribunale, Asl e più in generale Ministeri: la stessa disposizione si applicherà, dal 31 marzo 2015, ai restanti enti nazionali e agli enti locali. A partire dal 6 giugno quenti enti non potranno più accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea, e quel che maggiormente preoccupa, è che a partire dai tre mesi successivi a queste date, le PA non potranno procedere al pagamento, neppure parziale, fino all’invio del documento in forma elettronica. Per questo motivo Confartigianato si è occupata del tema organizzando un primo seminario di approfondimento che ha visto la partecipazione di moltissimi imprenditori. «Confartigianato ha già provveduto – spiega Nicola Carozza, responsabile sindacale dell’Associazione – ad offrire un servizio qualificato per le imprese associate che usufruiscono dei nostri servizi. Va però rilevato un dato molto preoccupante: l’alto livello della pressione burocratica in Italia che si complica alla velocità di una norma alla settimana. Tra il 2008 e il 2014 sono state approvate 629 norme fiscali: 72 semplificano, 168 sono neutre dal punto di vista dell’impatto burocratico, 389 aumentano l’impatto burocratico». La normativa italiana sulla fatturazione elettronica contenuta nella legge di stabilità 2013 recepisce una direttiva comunitaria 2010/45/UE. «L’elemento determinante per distinguere le fatture elettroniche da quelle cartacee – ha spiegato la responsabile fiscale di Confartigianato, Katia Orsetti – non è il tipo di formato originario utilizzato per la propria creazione, ma la circostanza che la fattura sia in formato elettronico quando viene trasmessa (o messa a disposizione), ricevuta e accettata dal destinatario. Tra le condizioni richieste per la qualificazione della fattura come “elettronica”, vi è anche l’accettazione da parte del destinatario». «La legge – ha aggiunto Davide Malasoma, responsabile Ced Confartigianato – ha stabilito che la trasmissione delle fatture elettroniche destinate alle Amministrazioni dello Stato deve essere effettuata attraverso il Sistema di Interscambio (SdI), ciò significa in breve che tutti manderanno le fatture ad un centro di smistamento nazionale ed identificheranno l’Ente pubblico al quale manderanno la loro fattura di beni o servizi attraverso un codice univoco; le imprese dovranno poi attrezzarsi per garantire la conservazione delle fatture elettroniche per 10 anni ed anche su questa problematica siamo pronti ad offrire una soluzione». Per mostrare a tutti il funzionamento gestionale dell’invio sono intervenuti Leonardo Tognoni , Country Manager di Informaticamente che hanno mostrato che anche semplici sistemi gestionali possono essere implementati per inviare le fatture elettroniche. Confartigianato alla luce del gap informatico di tante piccole aziende, rilevando che l’introduzione della nuova procedura potrebbe penalizzare alcune imprese ed aumentare i ritardi nei pagamenti, ha provveduto ad aprire un apposito sportello per offrire consulenza personalizzata e studiare i singoli casi.

Nel White Paper della Harvard Business School,  viene descritta la grande opportunità offerta dalla trasformazione digitale, sebbene la sua implementazione rappresenti un’ardua sfida per i manager aziendali. Le aziende “pioniere” della trasformazione digitale hanno ottenuto prestazioni migliori rispetto alle “ritardatarie” dell’implementazione. In base alla ricerca, le prime abbracciano l’opportunità digitale con una visione strategica e un modello di esecuzione completamente differenti. Tuttavia, l’ampia distribuzione della tecnologia digitale impone alle aziende di ridefinire i modelli operativi e aziendali in uso.

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L’unica regione sguarnita è rimasta il Molise. Nel resto del Paese, invece, non c’è area che non possa contare almeno su un ospedale che dispone di un robot operatorio. Con l’installazione del centesimo robot Da Vinci, avvenuta nelle scorse settimane al policlinico di Catania, l’Italia si conferma leader europea nell’utilizzo della chirurgia robotica. A pari merito, c’è soltanto la Francia: alle spalle Germania e Gran Bretagna. Mentre nel mondo, a precederci, ci sono soltanto gli Stati Uniti e il Giappone.

La chirurgia robotica è un’opportunità reale per i pazienti: soprattutto per coloro che s’accingono a sottoporsi a un intervento di chirurgia urologica, la branca in cui si effettuano quasi sette interventi su dieci sui diciottomila conteggiati lo scorso anno lungo la Penisola. Ma il robot Da Vinci è utilizzato anche per interventi in ambito ginecologico, cardiochirurgico, toracico e oggi finanche nella chirurgia dei trapianti. Una rivoluzione progressiva, che se da un lato arreca benefici ai pazienti nasconde anche un’insidia: quella di avere in futuro chirurghi in grado di operare soltanto attraverso i bracci dei robot e non di intervenire con le proprie mani nel corpo di un paziente, nei casi più complessi.

La prostata viene asportata quasi sempre col robot  

È l’urologia l’ambito in cui il robot Da Vinci la fa da padrone. I motivi di tale successo sono diversi. La precisione del robot consente maggiore facilità di accesso alle anatomie più complesse, una precisione demolitiva e ricostruttiva senza eguali, una minore perdita di sangue, una riduzione della degenza post-operatoria e una diminuzione degli effetti collaterali: disfunzione erettile ed incontinenza, frequenti soprattutto a seguito dell’asportazione di una prostata colpita da tumore (intervento che nella quasi totalità dei casi oggi avviene in chirurgia robotica).

L’introduzione nel sito operatorio di una telecamera consente una visione tridimensionale in grado di moltiplicare fino a dieci volte la normale visione dell’occhio umano, mentre i gesti chirurgici si fanno più ampi.

Spiega Walter Artibani, direttore dell’unità operativa di urologia dell’azienda ospedaliero-universitaria di Verona e segretario generale della Società Italiana di Urologia: «Il robot conferisce al gesto chirurgico una precisione non confrontabile con altre tecniche e permette di superare i limiti legati alla difficoltà di trattare, con la laparoscopia, malattie in sedi anatomiche difficili da raggiungere. Inoltre la possibilità di avere una doppia postazione consente di poter effettuare, oltre a interventi precisi e mininvasivi, una eccellente formazione professionale». Ma è anche la chirurgia del rene a trarre beneficio dalla chirurgia robotica. In passato, per esempio, l’organo colpito da un tumore si asportava per intero. Oggi, invece, «se le dimensioni del tumore sono comprese tra tre e sette centimetri, si effettua una resezione parziale in chirurgia robotica», aggiunge Vincenzo Mirone, direttore della clinica urologica dell’Università Federico II di Napoli.

La sostenibilità economica  

Due anni e mezzo fa, quando ci occupammo dell’evoluzione ultima della laparoscopia erano 77 i robot Da Vinci presenti negli ospedali italiani. Oggi sono cento: segno che in questi anni s’è lavorato soprattutto per colmare il divario tra le aree geografiche. Secondo Mirone «a eccezione della Lombardia, dove ve ne sono 22 anche in ragione dell’elevata presenza di strutture private, la distribuzione sul territorio nazionale è più o meno equa, se si considera la densità di popolazione». Detto del vuoto del Molise, spiccano i «soli» tre Robot presenti in Emilia Romagna (Bologna, Forlì, Modena) e l’unico (Crotone) disponibile in Calabria. Un gap continua comunque a esistere, se al Nord se ne contano 51, al Centro 30 e al Sud 19.

«La robotica nelle regioni meridionali oggi funziona abbastanza bene, ma occorre completare questo percorso di sviluppo che può aiutarci a contenere la migrazione sanitaria», prosegue Mirone, che lavora in una regione in cui si contano sei dispositivi. L’acquisto è ancora abbastanza oneroso per le strutture: servono circa tre milioni di euro per dotare un ospedale di un robot Da Vinci. Mentre la rimborsabilità (dalla Regione alla struttura) di un intervento è sì superiore alla stessa garantita per un intervento a cielo aperto, ma non poi di tanto. Nel tempo, però, il sistema è sostenibile, assicurano gli esperti.

«I pazienti urologici operati con la chirurgia robotica si alzano già a poche ore di distanza dall’intervento e vengono dimessi in seconda giornata», prosegue Mirone, ricordando che un giorno di degenza in ospedale arriva a costare fino a 500 euro. Serve raggiungere almeno la soglia di duecento interventi l’anno per rendere il robot una opportunità piena ed evitare il rischio di uno spreco. Mentre un chirurgo si considera esperto nella gestione del robot se effettua almeno cinquanta procedura all’anno.

Come lavoreranno i chirurghi del futuro?  

Il presente è dunque più rassicurante, almeno per i pazienti chirurgici. A lungo termine, però, c’è un aspetto da considerare, quando si schiaccia il piede sull’acceleratore della robotica: la formazione dei chirurghi. Come detto, uno dei vantaggi legati alla presenza del robot in sala operatoria è dato proprio dalla possibilità di far fare formazione sul campo agli specializzandi e ai giovani chirurghi.

Ma se Gianluigi Melotti, direttore della chirurgia generale dell’ospedale di Baggiovara e tra i massimi esperti di chirurgia mininvasiva a livello internazionale, è convinto che «arriveremo a effettuare anche la maggior parte degli interventi di chirurgia generale con il robot», rimane il dubbio che i chirurghi del futuro possano non essere all’altezza di «convertire» un paziente direttamente in sala operatoria: ovvero di sottoporlo a un intervento tradizionale in corso d’opera, per esempio a seguito di una sopraggiunta complicanza.

«Questo rischio c’è, iniziamo a discuterne», è l’appello di Artibani, convinto che la fase di transizione sia destinata a proseguire verso un approdo ancora più tecnologico: coi robot in grado di essere programmati ed effettuare l’intervento senza la guida da parte del chirurgo. «L’abilità del chirurgo va tutelata, dobbiamo essere sempre pronti a intervenire di fronte a un eventuale fallimento della tecnologia».

Dobbiamo temere questa nuova rivoluzione alle porte?

Tutte le novità vengono sempre osteggiate dalla massa.

La novità fa sempre paura, è difficile uscire da un’area di confort per imparare qualcosa di nuovo o modificare le proprie abitudini.

Però il trend è chiaro, almeno ai miei occhi, la robotica è la prossima rivoluzione.

Abbiamo passato tanti cambiamenti come esseri umani; molti di questi sono avvenuti o stanno venendo in questi ultimi cento anni: dalla invenzione della macchina a vapore, del motore a scoppio per passare attraverso la rivoluzione industriale, passando attraverso la globalizzazione, l’informatizzazione, la digitalizzazione, la virtualizzazione nei prossimi anni la robotizzazione.

Di carattere io sono un positivo e accolgo con favore le novità ed i miglioramenti, e credo che la robotica permetterà un salto di qualità delle nostre vite enorme.

Si perderanno posti di lavoro a favore dei robot?

Certo, ma se un posto di lavoro può venire soppiantato da una macchina, allora io penso che quel lavoro non era umanamente dignitoso per l’uomo che lo svolgeva.

Se un lavoro è talmente ripetitivo da poter essere svolto da una macchina, l’uomo che lo svolgeva era destinato ad inaridirsi come una macchina, perché a mio avviso come esseri umani meritiamo di più di un semplice lavoro ripetitivo.

Certo, questa competizione con le macchine ci porterà a dover essere creativi, emozionali, unici e non sostituibili, ma questo ritengo sarà un bene per l’umanità.

Forse un giorno non troppo lontano, potremmo permetterci di lavorare tutti meno, di poterci godere di più la vita, di poter apprezzare meglio quegli aspetti che ci differenziano dalle macchine, grazie alle macchine stesse che faranno i lavori “faticosi” per noi.

La Blockchain

La Blockchain è una tecnologia informatica che viene utilizzata per eseguire delle transazioni finanziarie evitando di utilizzare gli intermediari finanziari (le banche). Il termine Blockchain in italiano può essere tradotto con “catena di blocchi”, infatti questa tecnologia è costituita da una serie di blocchi che formano una catena.

La Blockchain è il libro mastro o il registro pubblico di tutte le transazioni collegate tra loro in rete.
Il sistema è stato inizialmente sempre collegato alle criptovalute, infatti è stato proprio Satoshi Nakamotopresunto inventore dei bitcoin, a creare questo nuovo sistema di contrattazione informatica.

Questo sistema serve a scambiare le criptovalute e creare un registro per tutte le transazioni eseguite con le nuove monete digitalizzate.
Il funzionamento è molto semplice ma è più comprensibile se si parte da un esempio: se Tizio deve vendere una casa a Caio è necessario eseguire una transazione commerciale, di conseguenza se si vuole utilizzare la Blockchain bisogna creare delle chiavi (Cryptographic Keye inserire tutte le informazioni riguardanti la compravendita(prezzo, dati immobile, dati personali dei contraenti), in questo modo viene creato un nuovo “blocco” della catena che identifica questa specifica transazione commerciale.

Dopo aver creato il blocco, sono gli utenti stessi che partecipano alla catena a validare la suddetta transazione e se gli elementi sono corretti questa viene ascritta nel registro pubblico.

Se si eseguono le operazioni finanziarie con una blockchain si ottiene maggiore trasparenza, poiché il registro è pubblico e può essere visionato da tutti gli utenti. La catena di blocchi si allunga ogni volta che viene validata la transazione e tutte le operazioni sono inserite in ordine cronologico. La validazione viene eseguita dal cosiddetto “miner“, che tramite un complesso processo matematico controlla e verifica tutti i dati inseriti.

Le diverse applicazioni in ambito informatico e non della blockchain

La blockchain si presenta come uno strumento finanziario particolarmente utile per gli istituti di credito, che utilizzando questa nuova tecnologia informatica potranno diventare dei depositi sicuri per i trasferimenti di criptovalute e grazie alla crittografia assicurare una maggiore sicurezza ai risparmiatori. Essa è diventata l’ultima frontiera in campo finanziario per le sue innumerevoli applicazioni, in particolare in ambito informatico, amministrativo e della sicurezza.

I due colossi dell’informatica, Samsung e IBM, stanno sviluppando un sistema chiamato ADEPT che utilizzerà le blockchain per tracciare e gestire una grande quantità di dispositivi connessi tra loro, sostituendo l’utilizzo di un sistema centrale che veicoli la comunicazione tra di essi.

Un altro impiego riguarda il sistema di archiviazione cloud, potrà essere eliminato il sistema centrale che raccoglie i dati e optare per un’archiviazione decentralizzata più sicura e affidabile.

A livello informatico il registro pubblico della blockchain è un formidabile alleato nel settore della cyber security, infatti ogni operazione viene eseguita tramite crittografia avanzata, quindi sarà più difficile manomettere e modificare i dati o limitare gli attacchi degli hacker.

Può essere impiegata nel trading online per facilitare e accelerare le operazioni di acquisto e vendita delle azioni, consentendo allo stesso tempo di tenere sempre sotto controllo le transazioni grazie al registro pubblico.

In campo amministrativo, l’innovativa tecnologia informatica potrebbe addirittura ridurre i tempi della burocrazia, infatti sarà più semplice autenticare e validare i documenti (titoli di studio, attestati, certificazioni).
Nel settore della vendita al dettaglio, la blockchain servirà per eliminare gli intermediari e collegare direttamente i venditori con i potenziali clienti.

Le tecnologie che cambieranno le PMI

Le fabbriche stanno cambiando, così come le tecniche di produzione. Non sono più le industrie dei nostri nonni: i robot hanno automatizzato gran parte delle fasi di produzione e la catena di montaggio dei primi anni del XX secolo è solo un lontano ricordo.

Ora a farla da padrone è la tecnologia. Ogni macchinario può essere gestito da remoto e soprattutto comunica con gli altri strumenti presenti nella fabbrica. Le nuove tecnologie del XXI secolo, dai big data fino alla realtà aumentata, stanno prendendo sempre più piede all’interno delle fabbriche, anche quelle italiane. La vera sfida del futuro per le PMI è riuscire a cogliere al volo le opportunità offerte dall’Industria 4.0. Le nuove tecnologie stravolgeranno i metodi di produzione e permetteranno alle piccole e medie imprese italiane di riguadagnare competitività sul mercato mondiale. Ma sarà necessario anticipare il cambiamento e conoscere quali saranno le tecnologie da implementare all’interno delle fabbriche.

Internet of Things

Solitamente quando si parla di Internet of Things si pensa sempre ai dispositivi per la smart home o ai wearable che si collegano con lo smartphone. L’Internet delle Cose avrà un’importanza fondamentale all’interno delle fabbriche. I nuovi strumenti hanno la possibilità di connettersi a Internet e di essere gestiti anche a chilometri di distanza, facilitando la gestione della produzione da parte dell’azienda. Un “cervello” centrale potrà decidere se aumentare la produzione o diminuirla a seconda degli ordinativi e impostare i macchinari da remoto.

5G

Per poter controllare una fabbrica “connessa” sarà necessario avere una connessione stabile, ma soprattutto veloce. Per questo motivo il 5G sarà il futuro delle aziende “connesse” e permetterà di fare un deciso passo in avanti. Per le PMI sarà fondamentale dotare le proprie aziende del 5G, in modo da monitorare e gestire al meglio la produzione. Il nuovo standard per la connettività permetterà di sviluppare contatori dell’acqua e dell’elettricità intelligenti, ma anche monitorare il ciclo dei rifiuti e controllare le auto a guida autonoma. Se le PMI vogliono diventare connesse, non potranno fare a meno della connessione 5G.

Realtà aumentata

Negli ultimi anni si fa un gran parlare di Industria 4.0 senza sapere a cosa si fa riferimento e soprattutto quali sono le tecnologie che ne fanno “parte”. La realtà aumentata è sicuramente una di queste. Tecnologia che sta trovando sempre più spazio all’interno degli smartphone, la realtà aumentata è pronta a sbarcare anche in fabbrica (e in molte lo ha già fatto). L’augmented reality può portare benefici in decine di settori, ma soprattutto permette di ottimizzare i tempi di produzione. Ad esempio l’AR può fare la differenza durante le fasi dell’assemblaggio o dell’installazione di alcuni strumenti nelle macchine o nella manutenzione e nella riparazione delle automobili. Inoltre, è abbastanza semplice da utilizzare: basta un tablet e la giusta applicazione. Nei prossimi anni, saranno sempre di più le aziende che richiederanno agli operai di utilizzare smartphone e tablet durante il processo produttivo.

Big Data

Il fenomeno più interessante, ma allo stesso tempo più difficile da gestire, è sicuramente quello dei big data. Per le PMI che vogliono crescere e restare competitive sarà necessario avere le capacità per analizzare grandi database di dati. Lo studio dei big data permette di scoprire eventuali problemi nella catena produttiva prima che diventano troppo difficili da risolvere. Il data analyst e il data scientist diventerà una figura cardine all’interno delle PMI italiane.

Internet of Things: a cosa serve ?

Casi d’uso nelle soluzioni per i consumatori

Oltre al beneficio principale offerto al consumatore, l’utilizzo del dispositivo smart per il suo scopo specifico, l’adozione delle tecnologie IoT può permettere all’azienda produttrice di ottenere nuove informazioni di valore da sfruttare in prima persona, da trasferire al consumatore come valore aggiunto successivamente all’acquisto del prodotto, o ancora monetizzato attraverso l’erogazione di nuovi servizi.

Alcuni esempi di questi benefici secondari sono:

  • Ottenere informazioni diagnostiche sul funzionamento dell’oggetto per migliorare la manutenzione, preventiva o dopo che si è manifestato un guasto;
  • Ottenere indicazioni sul reale utilizzo delle funzioni da parte del consumatore, per focalizzare meglio ricerca e sviluppo di nuovi prodotti;
  • Acquisire dati per creare analisi di mercato, anche da cedere a terzi (in accordo con le licenze d’uso dei prodotti venduti), e proporre nuovi prodotti o servizi al cliente in modo personalizzato, in base alle esigenze rilevate.

Casi d’uso per le aziende

In ambito aziendale, l’IoT viene utilizzato in numerosi casi d’uso innovativi che in qualche caso sono riproposizioni delle tecnologie consumer su scala più vasta, ma in altri casi sono applicazioni specifiche del settore di attività dell’azienda in questione.

Alcuni esempi tra i più evidenti sono:

  • Utilizzo di sensori sulle macchine e nelle linee di produzione per ottimizzare i processi industriali, ridurre costi e sprechi, abilitare la manutenzione predittiva e migliorare la qualità;
  • Utilizzo dei dati di posizione geografica delle flotte di veicoli nei trasporti di merci e persone, anche per la creazione di nuovi servizi di mobilità (car/bike sharing);
  • Ottimizzazione dei costi di gestione e manutenzione (riscaldamento / raffrescamento, consumi energetici) di grandi edifici, quartieri o intere città (smart cities).
  • Tracciamento delle presenze negli spazi commerciali, per attività di marketing personalizzato e territoriale;
    In ambito ospedaliero, per il monitoraggio dei parametri dei degenti;
  • Tariffazione in base all’effettivo utilizzo di alcuni servizi. Per esempio, in campo assicurativo, per la creazione di polizze personalizzate in base al profilo di reale utilizzo dei veicoli o delle abitudini di guida (compatibilmente con le leggi locali in materia di privacy);
  • In campo utility, per il rilevamento a distanza dei consumi, ma anche per ottenere informazioni più dettagliate che permettano una pianificazione più efficiente delle risorse;
  • Poter gestire da remoto un prodotto/macchinario, e aggiungere un livello di servizio ulteriore post-vendita;
  • Tracciamento e inventario dell’intera catena del prodotto, dall’approvvigionamento delle materie prime ai magazzini dei prodotti finiti, fino alla giacenza nel punto vendita.

Il futuro è, naturalmente, sconosciuto, ma oggi abbiamo strumenti particolarmente efficaci per prevedere quale sarà lo scenario tra qualche anno. Il mondo dell’innovazione tecnologica è quello che suscita maggiore attenzione, perché negli ultimi decenni ha portato un vento di disruption in moltissimi settori e aziende. A maggior ragione è necessario capire quale sarà the next big thing in ambito tecnologico, come dicono gli americani, ovvero quali tecnologie saranno in grado di rivoluzionare i mercati nei prossimi anni. Ci ha provato Futurism, testata internazionale specializzata in questi temi. Il suo pool di giornalisti ed esperti ha elaborato un catalogo delle prossime, dirompenti novità che partiranno dal settore tecnologico per poi permeare i più disparati ambiti commerciali. Tutto questo entro il 2030, ovvero tra soli 13 anni. Pensavamo, per esempio, di aver già visto tutto nell’evoluzione degli smartphone, invece, in base a questa lista, entro una decina di anni l’emergente scienza chiamata spintronica, un connubio tra elettronica e magnetismo, sconvolgerà lo stato attuale di questi oggetti che ormai portiamo sempre con noi. Sul fronte dell’automotive ci si sta chiedendo se l’auto del futuro sarà elettronica o ibrida, e che fine faranno i motori diesel e altri carburanti inquinanti: a sconvolgere le carte potrebbe arrivare uno speciale tipo di batterie con cellule elettrochimiche che “succhiano” il biossido di carbonio (CO2) per generare elettricità, con il risultato di risolvere contemporaneamente i problemi di scarsità di risorse energetiche e di inquinamento del pianeta. Fantascienza o realtà? Meno fantascientifico, e più vicino a noi nel tempo, ci sembra l’avvento di micro-robot che saranno introdotti dai medici nel corpo umano per curare le ferite (saranno biodegrabili, tra l’altro). E anche gli antibiotici disegnati su misura per ciascun paziente o i super anti-virali non ci appaiono improbabili. Plausibile il trend futuro per cui i nostri vestiti saranno smart e cambieranno colore, forma e temperatura a seconda dei nostri gusti. Occorre però capire se stilisti, commercianti e acquirenti gradiranno i nuovi abiti innovativi o preferiranno i modelli tradizionali. Intanto guardiamo la lista di Futurism. Alcune indicazioni potrebbero rivelarsi non del tutto corrette, altre invece potrebbero rappresentare la strada giusta per l’azienda del futuro.